Una catena si definisce come la successione di elementi riuniti in un insieme dove ogni singolo elemento è solidale e dipendente da tutti gli altri che la compongono.
Questo impone il principio della globalità.
Ogni minimo movimento deve per forza di cose agire anche sugli altri elementi, nel bene e nel male.
Nel corpo umano esistono diverse spiegazioni al concetto di “unità del corpo”.
Considerazioni che interpretano le concatenazioni di articolazioni, di ossa oppure dei muscoli e delle fasce connettivali.
Tutte hanno spiegazioni anatomiche e fisiologiche ben definite. Una catena in tensione fisiologica esige l’equilibro delle altre catene a fine di coordinarsi tra loro per i movimenti armonici ed economici da un punto di vista energetico.
Ogni tensione anomale in un punto qualsiasi di una catena tende a modificare, anche se in maniera impercettibile, l’equilibrio globale.
Il punto di trazione anomalo avrà sempre la principale responsabilità anche se il dolore, il disagio e lo squilibrio si verificano altrove.
Una catena lavora sempre globalmente nella fisiologia e nella disfunzione.
Prendiamo il caso di una classica cicatrice addominale da appendicite che una volta guarita si comporta come un punto “fulcro” che attrae le strutture intorno.
Il corpo asseconda quelle trazioni e compensa con posture di “comodo” per non soffrire ma alla lunga può presentare dolori o disagi alla bassa schiena, all’anca ma anche alle spalla.
Oppure una caduta sul sedere che compromettere la mobilità del collo o della spalla.
Una catena si adatta fino ad un certo punto e quando finiscono le vie di fuga (i compensi) arrivano i fastidi.
Liberare quei punti di tensione può dare beneficio a quelle zone anche molto lontane dalla sede di restrizione.